Come recuperare crediti in Italia
Nell’ambito dell’ordinamento italiano la tutela del credito e la conseguente possibilità di procedere al recupero degli stessi, può avvenire sia in via stragiudiziale, sia con la procedura giudiziale così come sancita nelle norme contenute nel Codice Civile.
Il recupero dei crediti è quella attività volta a conseguire quale risultato il soddisfacimento del credito nei confronti di un debitore che a vario titolo non onori il proprio debito. Le ragioni che possono determinare il non soddisfacimento di un credito possono essere le più svariate, dalla banale dimenticanza alla deliberata inadempienza, in ragione di ciò la difficoltà nell’ottenere il soddisfacimento del proprio credito può variare e di conseguenza anche le modalità con cui raggiungere l’obiettivo del pagamento possono essere diverse, innanzitutto è opportuno tracciare una linea di demarcazione fra la procedura giudiziale e quella stragiudiziale.
Quest’ultima rappresenta una procedura sicuramente meno dispendiosa e più snella ma non dotata della stessa effettività ed incisività del procedimento di ingiunzione.
Procedendo per gradi, è opportuno dedicare le prime considerazioni al recupero stragiudiziale del credito: questa opzione sicuramente rappresenta la via più bonaria per ottenere quanto dovuto, ma si rivela di certo più funzionale qualora si tratti di rapporti con un basso grado di contestazione ovvero non vi sia, dietro la scelta di non adempiere, una deliberata volontà in tal senso.
Di norma la prima attività che si rende opportuno compiere è quella di procedere ad indagini relative al domicilio del debitore, questa operazione potrebbe risultare superflua allorché queste informazioni siano già in possesso del creditore, ma in considerazione del fatto che tali operazioni vengono vieppiù effettuate da società specializzate nel settore è bene tener conto di tale eventualità che si sostanzia di norma nella verifica della rintracciabilità del debitore, compresa la collocazione del domicilio e i dati anagrafici di interesse.
Qualora, una volta rintracciato, il debitore collabori ed adempia, la procedura potrebbe dirsi conclusa; di norma così non avviene ed infatti il passo successivo da compiere è quello di provvedere a solleciti informali mediante comunicazioni telefoniche o postali le quali, se non altro, richiamano l’attenzione del debitore verso la possibilità che si proceda ad un’azione giudiziale. In alcuni casi potrebbe provvedersi all’incontro con un procuratore stragiudiziale incaricato di sollecitare nuovamente il pagamento del debito. Questa figura si reca personalmente dal debitore, sul posto di lavoro o presso la sua abitazione, per incassare il denaro, ma e soprattutto anche per mediare con quest’ultimo e capire se intende pagare o se non può farlo perché è in difficoltà, oppure ancora se è determinato a non saldare il suo debito. Nel caso in cui si ravvisi la buona volontà del debitore, ma l’oggettiva impossibilità di saldare in toto quanto dovuto, è possibile cercar di trovare un punto di incontro magari rateizzando il debito e fissando quindi nuove scadenze dilazionate nel tempo.
L’ultimo passo da compiere senza adire le vie legali è l’invio di una lettera di messa in mora, tale tipo di missiva, normalmente trasmessa per mezzo di raccomandata A/R o via PEC (quantomeno per i soggetti tenuti a possederne una), svolge essenzialmente due funzioni, la prima, e probabilmente più importante, è quella di interrompere la decorrenza dei termini di prescrizione, la seconda è quella di fornire un termine di adempimento ben definito, quest’ultimo non è perentorio e, nel caso di inosservanza, non scatterebbe in automatico alcuna conseguenza legale; tuttavia decorso il termine fissato senza ottenere alcun riscontro non rimane altro che avviare la fase giudiziale rivolgendosi al Tribunale.
Il recupero crediti mediante la procedura giudiziale viene, di norma, iniziato con il ricorso per decreto ingiuntivo, tale tipo di procedimento appartiene alla categoria di accertamenti che nella terminologia del Chiovenda sono definiti “accertamenti con prevalente funzione esecutiva”.
Munirsi di un titolo esecutivo è condizione necessaria per poter “mettere ad esecuzione” un credito, in alcuni casi tuttavia questi possono avere origine stragiudiziale, menzionati ai numeri 2 e 3 del comma 2 dell’articolo 474 C.P.C., quali scritture private autenticate, cambiali ed altri titoli di credito a cui la legge attribuisce espressamente l’efficacia di titolo esecutivo, ad esempio gli assegni. D’altro canto,sono titoli esecutivi giudiziali quelli di cui al numero 1 del predetto comma 2 , ovverosia le sentenze, i provvedimenti e gli altri atti a cui la legge attribuisce espressamente efficacia esecutivi; uno su tutti: il decreto ingiuntivo.
Il procedimento di ingiunzione è il un procedimento speciale a cognizione sommaria tramite cui il titolare di un credito liquido, certo ed esigibile, fondato su prova scritta, può ottenere, mediante presentazione di un ricorso al giudice competente, un provvedimento (decreto ingiuntivo) con il quale si ingiunge al debitore di adempiere l’obbligazione (di pagamento o di consegna) entro quaranta giorni dalla notifica, avvertendolo che entro il medesimo termine può proporre opposizione (incardinando così un giudizio ordinario) e che, in mancanza di opposizione, si procederà ad esecuzione forzata. La caratteristica della sommarietà del giudizio si riconnette al fatto che l’istituto del procedimento di ingiunzione è strutturato in modo tale per cui il giudicante ha quale unico interlocutore il ricorrente; questi metterà infatti il decreto con una cognizione inaudita altera parte, il contraddittorio delle parti verrebbe garantito dalla circostanza che a seguito dell’opposizione si instauri un giudizio ordinario secondo le norme del processo ordinario di cognizione.
In caso di mancata opposizione, il decreto ingiuntivo diverrà definitivo e non più opponibile. Il debitore dovrà allora pagare, pena il rischio di subire un pignoramento. Tuttavia prima di procedere al pignoramento, il creditore dovrà compiere un ulteriore passaggio: notificare l’atto di precetto, l’ultimo atto di intimazione da parte del creditore, a seguito della cui notificazione si fornisce al debitore un ulteriore termine di 10 giorni per pagare, decorsi inutilmente i quali si potrà avviare l’esecuzione forzata.
L’esecuzione forzata per l’importanza e la vastità della materia merita una trattazione a sé, per cui in questa sede non possiamo che limitarci a ricordare come, nel caso che ci riguarda, ovverosia il recupero dei crediti, la procedura da intraprendere sia quella dell’esecuzione mediante espropriazione, declinata nelle differenti modalità a seconda che ad essere “aggrediti” siano i beni mobili, immobili, i crediti del debitore verso i terzi ovvero i beni di proprietà di quest’ultimo in possesso dei terzi. Ciò nella prospettiva di convertire i beni presenti nel patrimonio del debitore in denaro, così da consegnare al creditore il ricavato della vendita sino al soddisfacimento del proprio credito.
Senza pretesa alcuna di esaustività, quanto scritto sopra riporta in breve le modalità tramite cui procedere a recuperare un credito, in via stragiudiziale e giudiziale in accordo a quanto previsto dall’ordinamento italiano.
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