Assegno di mantenimento, nel 2018 la Cassazione fa dietrofront. Cosa cambia?
Le Sezioni Unite della Cassazione tornano sulla questione dell’assegno di mantenimento ponendo l’accento sul fatto che esso dovrà tenere conto del contributo degli ex coniugi alla famiglia, non penalizzando chi ha rinunciato alla carriera.
La crisi della coppia determina, tra l’altro, anche la riappropriazione di una dimensione individuale degli aspetti patrimoniali della vita. In altri termini, ciascuno degli ex partner si ritrova a dover gestire unicamente le proprie finanze e ciò, senza dubbio, può causare uno squilibrio delle rispettive posizioni sotto il profilo economico.
Molto spesso, infatti, ci troviamo di fronte al deterioramento delle condizioni di vita di uno dei coniugi sotto il profilo economico rispetto a quelle godute durante il matrimonio.
Nel 1990, la celebre sentenza n. 11490 delle Sezioni Unite stabiliva che l’assegno di mantenimento avesse una funzione essenzialmente ed esclusivamente assistenziale, disposto in caso di inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente a consentirgli di conservare un tenore di vita analogo a quello goduto durante il matrimonio. Era sufficiente un deterioramento delle condizioni economiche a seguito del divorzio per rendere necessario un riequilibrio della situazione patrimoniale fra gli ex-coniugi.
I primi cambiamenti degli assegni di mantenimento dopo il 2017
Dopo ben 27 anni, durante i quali i tribunali italiani hanno seguito l’indirizzo tracciato dalla sentenza del ’90, con la sentenza n. 11504 del 2017 la prima sezione della Cassazione rovescia il proprio orientamento in materia di assegno divorzile. Con una svolta epocale, la Corte lega il diritto al mantenimento nel divorzio, al presupposto della non autosufficienza economica del coniuge più debole, ritenendo non più attuale, alla luce dei mutamenti della nostra società e del “principio di autoresponsabilità”. il riferimento alla continuazione del tenore di vita goduto durante il matrimonio.
Questo genere di valutazioni, in merito alla spettanza o meno dell’assegno, non mette a raffronto le condizioni economiche degli ex-coniugi, ma si limita ad accertamenti relativi esclusivamente alle condizioni del soggetto richiedente.
Entrambe le soluzioni si sono poste come obiettivo quello di limitare la discrezionalità del Giudice di fronte alla nozione di “mezzi adeguati”, tuttavia entrambi i parametri – tenore di vita ed autosufficienza economica- si espongono ai rischi di astrattezza e di mancanza di collegamento con la realtà concreta della relazione.
Le novità del 2018 relative all’assegno di mantenimento
La Suprema Corte, con la sentenza dell’ 11 luglio 2018, n. 18287, ha stabilito che, al fine del calcolo dell’assegno di divorzio di cui all’articolo 5 della L. n.898/1970, occorre tenere in considerazione non il tenore di vita, ma diversi fattori, attraverso un criterio cosiddetto “composito” che, alla luce della valutazione comparativa delle rispettive condizioni economico-patrimoniali, dia particolare rilievo al contributo fornito dall’ex coniuge richiedente alla formazione del patrimonio comune e personale, in relazione
- alla durata del matrimonio
- alle potenzialità reddituali future
- all’età dell’avente diritto.
Con ciò si è voluto dare massimo rilievo ai principi costituzionali di pari dignità e di solidarietà che permeano l’unione matrimoniale anche dopo lo scioglimento del vincolo.
L’assegno di mantenimento difenderà chi ha preferito la famiglia alla carriera
Il nuovo parametro di riferimento indicato dalla Suprema Corte, imporrà ai giudici di tenere conto delle peculiarità e specificità tipiche di ogni matrimonio con la conseguenza che, nel caso concreto, sarà necessario analizzare e bilanciare il reale contributo che ciascun coniuge ha dato alla conduzione della vita familiare.
Le scelte assunte dai coniugi di comune accordo all’inizio e nel corso della loro vita coniugale non possono finire per penalizzare irreversibilmente il coniuge che aveva rinunciato alla carriera e alla possibilità di essere autonomamente indipendente per dedicarsi alla famiglia.
La pronuncia sarà importante per tutte quelle persone che hanno rinunciato a sviluppare una propria professionalità e a coltivare una propria autonomia per dedicarsi alla famiglia consentendo invece all’altro di crescere professionalmente ed aumentare il proprio reddito.
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