Contratto di fideiussione anticoncorrenziale: Un importante chiarimento dalla corte di cassazione

Nel maggio del 2019, la Corte di Cassazione italiana ha finalmente chiarito la compatibilità deicontratti di fideiussione stipulati seguendo il modello definito dall’ABI nel 2003 con la normativaitaliana di recepimento delle regole sul corretto funzionamento del mercato Europeo, quale la L.287 del 1990.

In particolar modo, tale modello prevedeva un regolamento contrattuale generale standardizzato,che – stando a quanto affermato con proprio provvedimento dall’ ABI del 2003 – qualsiasi istitutobancario avrebbe dovuto obbligatoriamente recepire e, quindi, proporre ai propri clienti, senzaalcuna possibilità di apportare modifiche al fine di differenziare la propria offerta da quella deglialtri istituti bancari. All’interno di tale contratto di fideiussione generalizzato, erano incluse alcuneclausole non direttamente previste dalla disciplina civilistica, dalla natura palesemente onerosa indanno al fideiussore.

La compatibilità di tale modello delle condizioni di contratto, sebbene promossa ed incentivataproprio dall’Associazione Bancaria Italiana, era già stata sottoposta all’attenzione della Bancad’Italia, nella qualità di garante della concorrenza nel settore creditizio, la quale si era espressa giànel maggio del 2005 affermandone la dubbia compatibilità con un regime di mercato di libera diconcorrenza. Difatti, tale tipologia di contratto standard secondo l’Autorità di vigilanzadeterminerebbe un effetto distorsivo assolutamente non compatibile con il vigente sistemanormativo, nazionale ed europeo.

Il caso accertato dalla Corte di Cassazione nel maggio del 2019, promosso nell’ambito di ungiudizio tra un fideiussore e un istituto di credito, prendeva in considerazione l’idoneitàdell’accertamento della Banca di Italia a valutare, di per sé, l’esistenza (addirittura soltantopotenziale) dell’intesa restrittiva, anche nel caso in cui il provvedimento adottato non avessecarattere sanzionatorio. Tale accertamento, inoltre, insisteva sulla possibilità o meno che taleapplicazione uniforme fosse idonea ad integrare una c.d. intesa restrittiva della concorrenza,ovvero un accordo – in qualunque modo definito – che sancisce un determinato modo di agire nelmercato diverso da quello che gli agenti avrebbero spontaneamente adottato in regime di pienaconcorrenza.

Con sentenza, la Corte ha pienamente accertato il fatto che l’anomalia delle disposizioniimpartite dall’ABI, e quindi l’applicazione standardizzata del medesimo regolamento contrattualein tutti gli istituti di credito, aveva effetti lesivi della libera concorrenza tanto in sede didisposizione, quanto in sede di applicazione.

È stato, quindi, definitivamente constatato che elemento incompatibile con le disposizioninormative di attuazione della regolamentazione del mercato europeo è tanto il provvedimentoche dispone il divieto di emendamento del regolamento contrattuale standardizzato, quanto ilregolamento stesso;Dichiarata, dunque, l’incompatibilità del detto contratto di fideiussione con il vigente sistema didiritto, ne deriva la sua invalidità, che potrà essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse, intutti quei casi in cui si sia sottoscritto un contratto di fideiussione seguendo il censurato modellostandard regolamentare dell’ABI.

Gli orientamenti di merito seguiti attualmente dalle Corti italiane non lasciano dubbi: se in alcunicasi si potrà agire limitatamente alle disposizioni contrattuali dichiarate inammissibili, in altri verràcoinvolto, addirittura, l’intero contratto di fideiussione. In entrambi i casi, l’illiceità per contrarietàa norme dal carattere imperativo si darà per provata, sol che ci si riferisca alla – ormaidefinitivamente appurata – natura anticoncorrenziale delle disposizioni che si sono sottoscritte.