Covid 19 e truffe online
A causa dell’emergenza sanitaria nazionale è stato necessario organizzare la propria attività lavorativa nelle modalità del cosiddetto smart working. Questo ha consentito di poter continuare a lavorare anche comodamente da casa, svolgendo le attività da remoto.
Molti negozi, ristoranti, piccole e medie imprese hanno trasferito la propria attività su internet e così anche i clienti hanno implementato le modalità di acquisti online.
I dati parlano chiaramente: dall’inizio della pandemia il traffico internet è aumentato del 40% e gli acquisti online sono aumentati addirittura dell’80% rispetto allo scorso anno.
Tuttavia, purtroppo, anche i truffatori stanno sfruttando l’attuale momento storico, speculando sulla situazione di emergenza e sulle paure della gente.
Frequenti e numerosi sono stati i casi di phishing (truffe online realizzate al fine di ottenere la sottrazione illecita di dati personali, finanziari o codici di accesso).
I phisher, infatti, approfittano del momento di crisi e dell’imprudenza degli acquirenti, sempre più portati ad acquistare online, talvolta utilizzando il nome di soggetti noti, così da assicurarsi la fiducia dell’utente, in tal modo più propenso a condividere i propri dati personali online.
Tra i nomi spesi fraudolentemente nel tentativo di acquisire i dati personali degli utenti vi è, ad esempio, quello dell’Inps: l’Istituto ha infatti denunciato dei tentativi di phishing, realizzati a inizio aprile, che partivano dalla richiesta di aggiornamento sulle domande per il reddito di emergenza. In particolare, le vittime hanno ricevuto un messaggio che le invitava a cliccare su un sito dal quale scaricare un malware.
Vittime, pertanto, non sono soltanto i clienti, ma anche gli operatori commerciali, come le piccole e medie imprese che hanno spostato le loro attività commerciali su Internet e, per fronteggiare la crisi, stanno inviando sempre più e-mail, così esponendo (se stessi e gli utenti) ad attacchi di phishing, con il rischio di perdere la loro buona reputazione quali presunti spammer.
Tutto ciò ha portato la Commissione Europea e le Autorità Nazionali di tutela dei consumatori ad intervenire.
In particolare, il 20 marzo 2020, le Autorità di tutela dei consumatori degli Stati membri dell’Unione Europea hanno emesso un comunicato sulle truffe e sulle pratiche sleali più segnalate in questo periodo. L’obiettivo è aiutare i gestori delle piattaforme online a individuare con più facilità, sì da ridurle, queste pratiche illegali.
Ed ancora, il 23 marzo 2020, Didier Reynders, commissario europeo per la giustizia, i diritti fondamentali e la cittadinanza, ha chiesto a talune piattaforme, social media, motori di ricerca e mercati online la loro collaborazione per eliminare le truffe dai loro siti.
Maggiore prudenza è necessaria, altresì, nell’ambito del trading online.
La Consob ha infatti segnalato che le drammatiche notizie sui focolai virali possono essere un’opportunità di diffusione di informazioni false per trarre indebiti vantaggi. Tra queste, è stata segnalata l’offerta, tramite materiale promozionale e false notizie, di titoli azionari od obbligazionari inesistenti, di sedicenti società che assumerebbero iniziative per il contenimento del coronavirus, oppure l’offerta di presunte opportunità di investimento ad alto rendimento in diversi settori, tra cui quello delle presunte valute virtuali collegate alla diffusione e alla letalità del contagio virale (cd. “coronacoin”).
Cosa fare, dunque, per evitare di imbattersi in una truffa?
Ciò che occorre è prestare maggiore cautela, soprattutto quando le offerte ricevute contengono termini che suggeriscono, esplicitamente o implicitamente, che un prodotto è in grado di prevenire o di curare l’infezione da COVID-19, ciò anche se vengono menzionati medici, professionisti, autorità pubbliche o esperti quando non vengono forniti link o riferimenti a documenti ufficiali.
Occhi aperti anche se si leggono espressioni quali “disponibile solo oggi”, “in rapido esaurimento” o simili, o ancora “il prezzo più basso sul mercato”, “l’unico prodotto in grado di curare le infezioni da COVID-19” o simili, e, infine, qualora vi siano indicati prezzi nettamente al di sotto del prezzo normale per prodotti analoghi (adducendo come giustificazione il fatto che il prodotto potrebbe prevenire o curare l’infezione da COVID-19) o prezzi esorbitanti dovuti a un presunto potere curativo del prodotto.
Si ricorda, inoltre, che nessun istituto bancario invita i propri clienti a fornire le credenziali via email, sms, telefono o messaggi sui social.
Infine, occorre controllare che ogni sito, nella url, abbia sia la dicitura “https”, sia il simbolo di un lucchetto, cliccando il quale è possibile verificare gli estremi del certificato digitale di una pagina web. Se il certificato è stato rilasciato da poco, per una durata limitata, o è assegnato a soggetto diverso rispetto ai contenuti della pagina, siamo quasi sicuramente di fronte ad un tentativo di frode.