NAVI DA CROCIERA: i passeggeri chiedono il risarcimento alle compagnie.

L’emergenza provocata dal COVID-19 ha rappresentato, e continua a rappresentare, una sfida globale senza precedenti, sia per i governi sia per gli attori economici.​ Anche quest’ultimi, infatti, si sono trovati di fronte la necessità di assumere decisioni assai critiche e rischiose, spesso in assenza di specifiche e precise indicazioni da parte delle autorità governative e/o sanitarie competenti.

Sebbene sia presto per tirare le somme circa la gestione nazionale e globale della pandemia, sembra potersi già dire che, almeno nella fase incipiente della diffusione del COVID-19, tanto le autorità istituzionali, quanto i singoli operatori economici abbiano spesso sottovalutato il problema e commesso diversi errori, talvolta fatali.

Tutto da dimostrare, ovviamente, ma è lecito e giusto porsi la domanda.

Tra gli operatori economici che più degli altri si sono trovati in difficoltà vi sono le compagnie che gestiscono il business delle crociere. La gestione dell’emergenza COVID-19 a bordo delle grandi navi è stata infatti particolarmente delicata, per tante e diverse ragioni facili da intuire: l’altissimo numero di persone, tra crocieristi e personale; l’interazione tra gli stessi; la condivisione di luoghi comuni, come toilette e aree di ristorazione; i lunghi periodi di trasporto in ambienti confinati, eccetera.
Se, da un lato, è fuor di dubbio la difficoltà oggettiva che queste compagnie abbiano dovuto affrontare, dall’altro lato, non è affatto detto che tale stessa difficoltà basti ad esimerli da ogni responsabilità.

La sicurezza delle persone che si trovano a bordo di una nave da crociera è un obbligo contrattuale primario per l’armatore.
Questi, anzitutto, dovrà assicurarsi che la nave utilizzata per la crociera rispetti degli specifici parametri tecnici normativi, come quelli, ad esempio, contenuti nella Convenzione SOLAS, o nella direttiva 98/41/CE o, con riguardo specifico all’Italia, nel Decreto Ministeriale del 13.10.1999.

Il giudizio sulla congruità di tali misure deve essere rigoroso, data la natura professionale dell’attività svolta dall’organizzatore della crociera.
Ma, oltre al rispetto di tali parametri, l’organizzatore deve adottare ogni misura che, a seconda di specifiche e peculiari circostanze, appaia necessaria alla tutela dell’integrità fisica dei crocieristi.

Come anticipato, è certo innegabile che le autorità competenti in materia di tutela della salute e prevenzione di malattie, governative e non, abbiano agito tardivamente e le loro indicazioni siano stati magari insufficienti.
Tuttavia, si ritiene che l’operato dell’armatore, in tema di tutela dei crocieristi dal rischio di contagio, debba essere giudicato in maniera assai severa.

Ed infatti, se da un lato, la pandemia provocata dal COVID-19 ha certamente tratti di novità ed abbia non a caso còlto di sorpresa persino i governi delle maggiori potenze occidentali, pare opportuno tenere a mente alcuni significativi fattori.
Anzitutto, la categoria dei cc.dd. coronavirus è stata scoperta negli anni ’60 ed in epoca recente ha già scosso il mondo, prima con l’epidemia da MERS e poi con l’epidemia da SARS: la pericolosità dei coronavirus e la loro straordinaria capacità diffusiva erano dunque ben noti. Ancora, a partire dal 2006, gli armatori hanno dovuto fronteggiare il c.d. norovirus, causa di forti patologie gastrointestinali. Infine, le anzidette peculiari condizioni della vita a bordo delle grandi navi comportano che gli armatori debbano prestare grande attenzione alla igienizzazione e sanificazione degli ambienti, a prescindere da siffatte emergenze, un’attenzione particolarmente qualificata e maggiore rispetto a quella di altri operatori economici.

Quel che si intende dire è che le compagnie da crociera hanno ormai sviluppato un certo know-how nella gestione delle emergenze legate alle patologie infettive e che dunque è lecito per il crocierista attendersi una particolare cautela in situazioni simili. Una cautela che, probabilmente, avrebbe dovuto spingersi fino ad adottare misure più prudenti di quelle consigliate dalle competenti autorità.

Si ritiene, ad esempio, che, già agli albori della pandemia, oltre ad una particolare cura nella sanificazione degli ambienti, l’armatore avrebbe dovuto provvedere ad isolare qualsiasi crocierista che manifestasse malori, anche se non simil-influenzali; evitare gli sbarchi dei crocieristi e permettere quello del personale solo se strettamente necessario alla continuazione della navigazione; che avrebbe, ancora, dovuto accontentare chiunque chiedesse di sbarcare, fornendo aiuti concreti per permettere di rientrare a casa, eccetera. Misure, queste, che purtroppo non sempre sono state rispettate – stando almeno alla testimonianza di alcuni passeggeri che hanno contratto il COVID-19 a bordo di navi da crociera.

Sono queste considerazioni che devono necessariamente essere calate nel caso concreto e rapportate soprattutto allo sviluppo dell’epidemia: maggiore infatti la diffusione del COVID-19 e, dunque, del rischio di contagio, maggiore l’allerta che ciascun armatore avrebbe dovuto adottare.
Non sorprende allora che negli Stati Uniti alcuni passeggeri dei più importanti armatori, dopo aver contratto loro malgrado il COVID-19, abbiano già assunto iniziative legali vòlte ad ottenere risarcimento dei danni, patrimoniali e non, subiti.

Ad ogni modo, al di là della concreta possibilità di esercitare, insieme a passeggeri che abbiano affrontato una simile sventura, una class action, è certamente possibile per ogni passeggero che abbia subito un danno connesso all’epidemia da COVID-19 durante la permanenza a bordo di una nave da crociera agire individualmente contro la compagnia.

A tal proposito, è bene ricordare che un cittadino europeo potrà convenire in giudizio la compagnia dinanzi al Paese Membro di origine o presso il Paese Membro dove ha il proprio domicilio, sfruttando la vantaggiosa normativa in tema di tutela del consumatore.

Lo studio legale Legal Law Limited&Partners, grazie al suo net-work internazionale, potrà offrire assistenza legale, giudiziale e stragiudiziale, a cittadini europei e non che intendano far valere i loro diritti nei confronti di tali compagnie, valutando anche se vi siano i presupposti per una class action.